
La Losen Records è un’etichetta discografica norvegese con sede a Oslo, fondata nel 2010 da Odd Gjelsnes sotto l’egida di MusikkLosen. L’etichetta è specializzata in musica jazz soprattutto norvegese, ma guarda anche al di là dei propri confini. Di qui un particolare interesse per il jazz italiano e quindi per molti artisti “nostrani” che vengono adeguatamente documentati. La prima pubblicazione targata “Losen” è stata l’album del pianista jazz Dag Arnesen, “Norwegian Song 3”. Come accennato l’etichetta si concentra sulla pubblicazione di musica jazz, ma attraverso la sua società madre, MusikkLosen, distribuisce anche altri generi come classica, rock, blues, etnica e colonne sonore.
Agnar Aspaas Qnt – “November Songs”
Particolarmente significativa la genesi di questo album. È lo stesso leader a spiegarlo presentando l’album. Dopo aver trascorso una quarantina d’anni a scrivere melodie per altri prendendo ispirazione dal secondo dopoguerra americano, e aver suonato come contrabbassista in numerosi gruppi, Agnar ha pensato bene che fosse giunto il momento di interpretare egli stesso i suoi brani. Di qui un repertorio davvero straordinario di undici brani tutti originali per la cui esecuzione il contrabbassista ha riunito un quintetto formato dal pianista Magne Arnesen, dal trombettista Magnus Aannestad Oseth, dal tenor sassofonista Erlend Vangen Kongtorp, e dal batterista Magnus Stefaniassen Eide. A conti fatti la scelta si è rivelata assai felice dal momento che il gruppo si muove con straordinaria creatività ed energia interpretando al meglio i brani del leader. Brani i cui titoli, spiega sempre Aspaas, sono strettamente connessi alla sua vita. Particolarmente significativi al riguardo “The Sideman” evidentemente riferito alla sua attività di musicista e “Late Bloomer” dedicato al trombettista Erik Halvorsen che costituì un importante fonte di ispirazione per lo stesso Aspaas.
Johan Tobias Bergstrom – “Stella”
Album davvero interessante questo del chitarrista Johan Tobias Bergstrom che si presenta alla testa di un quintetto completato da Jørgen Krøder Mathisen (violino),
Håkon Huldt-Nystrøm (basso), Thomas Antonio Debelian (percussioni) e Knut Hem (dobro) in veste di ospite d’onore. Album davvero interessante, dicevamo, e il motivo di questa considerazione va ricercata nel fatto che l’album propone tutta una serie di situazioni musicali variegate ma sempre pertinenti e assolutamente consequenziali. Così, per comporre i dieci brani in programma, il chitarrista si è ispirato al folk irlandese-norvegese, al ritmo tipico del Sud America, ai colori del Nord Africa. Insomma, un pannello di colori davvero straordinario che Bergstrom riesce a maneggiare con cura e competenza restando comunque ben ancorato nei confini del jazz correttamente inteso. È quanto meno evidente che per proporre una musica del genere ci fosse bisogno di un gruppo particolarmente affiatato. Di qui la scelta del chitarrista di fare ricorso ai tre musicisti che l’avevano accompagnato nel precedente album “Nova” (da noi recensito su questi stessi spazi) cui si è aggiunto Knut Hem alla chitarra slide in due brani.
Briotrio – “Voyage”
L’album, che vede come protagonisti Ingrid Øygard Steinkopf (pno e flt), Thomas Aurlund Lossius (contrabbasso) e Arne Skorpe Sjøen (batteria e organo) prende le mosse da un interrogativo ben preciso: cos’è la vita se non una sorta di viaggio intrapreso per raggiungere uno scopo? Nell’intento di rispondere a tale interrogativo, il gruppo affronta in 11 brani quelle che possono essere le situazioni che si incontrano durante le nostre giornate. Incontri più o meno casuali, conversazioni, amori, litigi, l’ascoltatore è immerso in una sorta di viaggio immaginario che, geograficamente parlando, va da Bergen (splendida città norvegese) fino all’Africa. Come al solito, quando gli album sono accompagnati da una sorta di descrizione abbastanza precisa, ci si pone il problema se poi l’ascolto risulta attinente a ciò che si è detto. Ancora una volta la risposta non è del tutto affermativa, nel senso che la musica scorre sì fluida, attraversa sì atmosfere molto diverse ma il tutto si tiene indipendentemente dalle motivazioni che i musicisti hanno posto alla base della loro incisione. A conferma di quanto sin qui detto, vi consigliamo di ascoltare “Ring & Replay” caratterizzato dai ritmi marocchini, “Kontrakanara” con evidenti richiami alla musica gambiana-wolof e “A sunny day in Bergen town“ con una più tradizionale carica di swing.
Eh3 – “Close to Nothing”
Ecco un gruppo che torna sul mercato dopo una prima esperienza non proprio esaltante: in effetti il primo loro album “Improve Reality” uscì nel maggio del 2020 ma a causa delle chiusure di molti locali e quindi della diminuzione di tour e occasioni di lavoro, l’album non ebbe una grande diffusione nonostante i lusinghieri successi della critica che non risparmiò aggettivazioni lusinghiere come “fantastico”, “eccellente”, “beautiful”… In questo secondo album la formazione è composta da Erland Helbø leader alla chitarra, Frode Berg al basso, Erik Smith alla batteria, (i tre storici elementi del trio) cui nell’occasione si aggiungono Knut Løchsen tastiere e sint (3,5,9) e Brynjule Blik organo hammond (8). I musicisti sono tutti personaggi ben noti nell’ambiente jazzistico del Nord-Europa e ancora una volta in questo album evidenziano il loro valore. Particolarmente importante la performance di Erland Helbø che farà felice tutti gli amanti della chitarra (particolarmente suadente l’interpretazione di “A Moose in the Sunset”); d’altro canto, la sua fama è suffragata dagli oltre duecento concerti l’anno che tiene in Norvegia e non solo. Dal punto di vista stilistico, il gruppo si muove lungo le direttrici tracciate da un jazz-rock di solida matrice statunitense con forti influssi blues.
Jan Gunnar Hoff Group – “Voyage”
E’ davvero un super-gruppo quello che vi presento in questo disco: Jan Gunnar Hoff è considerato uno dei migliori pianisti norvegesi oggi in esercizio; Nguyên Lê è un musicista francese di origini vietnamite che si è affermato come uno dei più grandi chitarristi, bassisti dell’intero universo jazzistico, Per Mathisen è un bassista e compositore jazz che ha lavorato, tra gli altri, con Terri Lyne Carrington, Geri Allen, Gary Thomas, Alex Acuña, Gary Husband, Nguyên Lê e Terje Rypdal, infine Gary Husband batterista, tastierista, band leader inglese si è meritato una solida reputazione suonando in tutti i più importanti festival. Questi quattro personaggi hanno deciso di costituire questo gruppo con l’intenzione di suonare le composizioni di tutti e quattro dopo la fortunata partecipazione ad un Festival nel 2023. Ed hanno avuto ragione in quanto l’album è notevole. I brani sono tutti particolarmente significativi e rispecchiano appieno le personalità degli artisti, che trovano ampio spazio per esprimere appieno le proprie potenzialità. L’impianto è decisamente jazz ma non si escludono influssi rock, world e folk. Ottimo il brano di chiusura, “Seerene” di Nguyên Lê, un inno alla bellezza alla sincerità e alla speranza.
Roy Powell, Lorenzo Feliciati, Lucrezio de Seta – “Aria”
Tra le caratteristiche che connotano la Losen c’è anche l’attenzione che questa casa discografica dedica al jazz italiano. Così non sono pochi i “nostri” artisti che hanno avuto il piacere di incidere per la casa norvegese. In questo album ne ritroviamo due, Feliciati al basso e de Seta alla batteria. Il leader è Roy Powell un pianista, organista e compositore britannico che dopo aver studiato approfonditamente piano, avanguardia e composizione al Royal Northern College of Music di Manchester, nel 1995 ha deciso di stabilirsi in Norvegia. L’album in oggetto è un esempio di come molti jazzisti si rivolgano alla musica “dotta” come fonte di ispirazione. In effetti sei dei dieci pezzi furono scritti da Puccini, uno è un classico di Rodgers e Hart, tre sono original del leader. Come accennato, la formazione è un trio che si muove in maniera assolutamente convincente lungo le coordinate dettate dal leader che già dal 2007 collabora con il bassista Lorenzo Feliciati; ai due si è aggiunto Lucrezio de Seta e i tre hanno prodotto un album sicuramente notevole sia perché hanno saputo restituirci in tutta la loro genuina bellezza le arie di Puccini, sia perché Powell evidenzia una bella capacità di scrittura che si evidenzia soprattutto nello splendido “Les belles femmes”.
Hege Saugstad – “Randy’s Home”
Hege Saugstad è artista forse più nota nel mondo del pop che in quello del jazz: la vocalist ha infatti frequentato per diverso tempo l’universo della musica di più largo consumo ottenendo rilevanti successi. Adesso ha deciso di tornare al jazz e lo fa in modo particolarmente significativo per almeno due ordini di motivi: innanzitutto le motivazioni che stanno a base del progetto. “Randy” è un brano di Phil Woods ma è nello stesso tempo il nome di Randi Hultin (1928-2000), giornalista, grande amica di Hege che contribuì in maniera determinante ad introdurla nel mondo del jazz; ebbene questo album è dedicato proprio a Randi Hultin. Da un punto di vista stilistico, Hege ha chiamato accanto a sé musicisti di vaglia quali i fratelli Mathisen (chitarra e basso, conosciuti lo scorso anno in Grecia in occasione del Kardamili International Jazz Festival) e il percussionista Ole Petter Hansen Chylie alle percussioni. Per avere un’idea di ciò che si ascolta nell’album, segnaliamo che in repertorio figurano otto standard jazz, una bossa nova originale e un omaggio alla già citata Randi Hultin. Lo stile è un moderno mainstream caratterizzato da linee melodiche perfettamente riconoscibili, armonizzazioni sofisticate ma non astruse, un timing giusto.
S E A – “Places and Other Stories” –
Bjørn Skjelbred (piano/composizione), Rødbergman Terje Engen (batteria) e Tine Asmundsen (contrabbasso) sono i componenti del trio SEA. Nello scorso novembre 2024 hanno registrato il loro primo album, per l’appunto questo in oggetto, che presenta, in repertorio una serie undici brani. I pezzi sono scritti tutti dal leader che dichiara apertamente di aver tratto ispirazione, per queste composizioni, da molteplici generi musicali. Va segnalato, innanzitutto, la grande empatia che caratterizza il gruppo e la cosa non stupisce più di tanto ove si tenga conto che Terje Engen e Tine Asmundsen possono vantare molte precedenti collaborazioni. Lo stile del gruppo è particolarmente originale. Da un lato è quanto mai evidente l’influenza degli storici trii di Bill Evans nonché di Herbie Hancock e del Trio EST, l’indimenticato gruppo guidato dal pianista Esbjörn Svensson Trio. Dall’altro lato tutto ciò non impedisce a SEA di muoversi lungo direttrici particolari che consentono il repentino passaggio dalla scrittura all’improvvisazione mantenendo una spiccata predilezione per la melodia, senza trascurare un originale impianto ritmico. Tutto ciò produce una musica che conquista facilmente il nostro interesse.
Smooth Elevator – “Moving Target”
Ancora un gruppo in cui figurano musicisti italiani: accanto al leader, il chitarrista Will Bernard, figurano Danilo Gallo al basso e Gioele Pagliaccia alla batteria. Il trio è alla prima uscita discografica ma i tre musicisti hanno alle spalle solide esperienze, così il leader ha collaborato tra gli altri con Tom Waits, Dr. John, John Medesky e Ben Sidran mentre Danilo Gallo non ha bisogno di ulteriori presentazioni al contrario di Gioele Pagliacci che ha costruito la sua carriera soprattutto all’estero, USA e Europa. Il trio si muove su un terreno particolarmente delicato, quella strettissima linea di confine che si estende attraverso il jazz, il funk, la musica psichedelica, l’avant-rock, l’ambient in un groviglio di suggestioni difficili da individuale singolarmente. Eppure, i tre riescono ad articolare un discorso coerente dall’inizio alla fine in cui di volta in volta fa capolino anche una linea melodica suggestiva a disegnare un paesaggio sonoro sempre variegato. Il tutto caratterizzato da un alternarsi tra scrittura e improvvisazione che solo i grandi musicisti riescono ad attuare. Da sottolineare infine che il repertorio consta di 13 brani, molti firmati da tutti e tre i musicisti, sei a firma singola.
Zoe Pia, Tenores di Orosei Antoni Milia – “Indindara”
Un album interamente dedicato alla musica italiana di grande qualità: ecco quindi la clarinettista, compositrice sarda Zoe Pia originaria di Mogoro (specialista anche delle launeddas) incontrarsi con i Tenores di Orosei Antoni Milia, al secolo Tore Mula, Francesco Mula, Ivan Sannai, Alessandro Contu. Il gruppo rappresenta una delle più belle realtà del panorama folcloristico e tradizionale italiano con un repertorio davvero assai vasto che spazia tra il sacro e il profano. I cinque hanno debuttato al Cala Gonone Jazz Festival ottenendo un caloroso successo determinato dalla bontà e originalità della proposta musicale. In realtà il connubio determinato dalle straordinarie voci dei Tenores e i suoni dalle launeddas e del clarinetto con effetti elettronici determinano una tessitura sonora straordinaria, incredibile nel richiamare tempi lontani, molto lontani, ma nello stesso tempo straordinariamente moderni sì da proiettare questa musica in una sfera che non conosce presente, passato e futuro ma solo una dimensione senza tempo, eterna si potrebbe azzardare. In tale contesto va segnalata ancora una volta la prova maiuscola di Zoe Pia che evidenzia quella che personalmente considero la sua dote migliore, la capacità di coniugare il rigore accademico con la volontà di non percorrere strade battute tendendo sempre verso la sperimentazione.
Gerlando Gatto








