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L’intervista “impossibile” alla diva di Via col vento

«Domani è un altro giorno» , è la battuta finale che pronuncia Vivien Leigh nei panni della volitiva Rossella O’Hara nel celebre Via col vento (8 premi Oscar). Quel film resta un caposaldo dell’intera storia del cinema e nella vita artistica della Leigh ripresa in tutta la sua bellezza, sconfitta ma mai doma nel drammatico palcoscenico della guerra civile americana.

Nata in India a Darjeeling  il 5 novembre del 1913, scomparsa giovanissima a soli 53 anni a Londra assistita dal suo terzo marito l’attore  John Merivale che avvisò  anche Sir Laurence Olivieri, suo secondo marito convalescente in un ospedale vicino per un cancro alla prostata, calando il sipario su una delle più  belle storie d’amore del ‘900. Era l’8 luglio del 1967 e a uccidere quella donna bellissima e seducente regina del teatro e del cinema, fu una tubercolosi mal curata.

Incredibilmente fascinosa, dotata di grande charme e di straordinaria femminilità, il suo grande amore che sposò in seconde nozze era un’icona del teatro e del cinema inglese del ‘900: Lawrence Olivier.

Vivien Leigh, nella sua trentennale carriera come attrice di teatro recitò’ solo in una ventina di film, conquistò due premi Oscar nel 1940 come migliore attrice per Via col vento diretta da Victor Fleming al fianco di Clark Gable e nel 1952 per la sua interpretazione in Un tram che si chiama desiderio diretta al fianco di Marlon Brando da Elia Kazan, film che le valse anche una prestigiosa Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia, tanto che l’agenzia  dell’ American Film Institute la inserì fra le 16 attrici più  importanti dell’intera storia del cinema. Lawrence Olivier ebbe a dire: «Vivien era seducente nel modo più perturbante che avessi mai incontrato, forse era per quello strano, quasi commovente lampo di dignità che c’era in lei e che rendeva schiavi l’ardente schiera dei suoi ammiratori compreso il sottoscritto».

Sposata in prime nozze a soli 18 anni, all’inizio della sua vita artistica con l’avvocato Herbert Leigh Holman, mentre frequentava a Londra la Royal Academy of Dramatic Art, diventò presto anche mamma di una bella bambina di nome Suzanne, una maternità in vero che non risultò molto congeniale al suo lavoro e al suo modo di vivere. Presto si rituffò nel teatro con Alexander Korda quasi contemporaneamente all’incontro con Lawrence Olivier che diede vita a una turbolenta relazione che li vide  entrambi sposati con figli, costretti all’adulterio per il rifiuto di entrambi i coniugi a concedere il divorzio che arrivò  solo negli anni sessanta.

“La prima volta che misi gli occhi su Vivien, fu sul palcoscenico del St. James Theatre dove recitava in The Mask of Virtue e dove al di la della sua bellezza, aveva un portamento meraviglioso” dichiarò Olivier in una lunga intervista a Variety.

Si racconta che dopo il Festival di Venezia innamorati entrambi della costiera amalfitana, cupido naturale anche per Rossellini e Anna Magnani, liberi da impegni si rifugiavano alla Rondinaia, la splendida villa sul mare che possedeva a Ravello lo scrittore Gore Vidal, meta di tante personalità dello spettacolo fra le quali Greta Garbo e Marlene Dietrich.

Così, per la mia intervista impossibile ho immaginato Vivien Leigh elegante in un lungo vestito di chiffon perlato, sdraiata su un dondolo di vimini su quella terrazza della Rondinaia, all’ombra di un albero di limoni. Il suo viso illuminato dal sole, privo di trucco che splendeva di luce propria.

Un posto magico come il palcoscenico della sua vita Madame?

Un punto di vista perfetto dove guardare l’occidente che muore e poi mi piace il caldo. Sono nata in India, mio padre era un’ufficiale della cavalleria britannica all’epoca della della prima guerra mondiale, mentre mia madre mi ha trasmesso la passione per la letteratura. Fui mandata a studiare in un convento in Inghilterra e sognavo a sei anni di fare l’attrice, invece a diciotto mi ritrovai sposata con un avvocato e nel 1933 nacque mia figlia Suzanne.

Una maternità che condizionò la sua passione per il teatro?

Mi sentivo troppo giovane allora per essere madre. Amavo la mia bambina, ma non potevo trascurare la mia carriera.

E fu proprio il teatro il cupido che fece scoppiare la passione per Lawrence Olivier, anche lui sposato e con figli?

Si in effetti ci unì l’incondizionata passione per il teatro e ci innamorammo proprio mentre recitavamo insieme nel ruolo di due amanti nel film “Elisabetta d’Inghilterra”. Una relazione che diventò ufficiale dopo che finalmente ottenendo entrambi il divorzio rinunciammo all’affidamento dei figli che continuavamo a vedere appena il lavoro ce lo consentiva.

L’enorme successo che seguì all’uscita di “Via col vento” le cambiò la vita?

Beh, diciamo che “Via col vento” mi aveva rapito sin dalla lettura del romanzo e quando seppi che Victor Fleming voleva farne un film, gli chiesi se potevo candidarmi a interpreterà il ruolo di Rossella, pur sapendo che avrei dovuto lottare con altre candidate sponsorizzate dai produttori ad Hollywood, come Joan Bennett, Jean Arthur ma anche Paulette Goddard. Ma alla fine riuscii a spuntarla, anche se mi chiesero di imparare a correggere il mio accento anglosassone non conforme all’ americano del sud che era quello della protagonista.

Si dice che durante le riprese sul set il clima sopratutto per colpa sua non fosse proprio idilliaco.

Ma non era certo facile. Fleming aveva il suo da fare per fronteggiare un cast di star. I capricci non solo i miei. Io andavo d’accordo solo con Olivia de Havilland. Giravamo sette giorni su sette e spesso fino a notte fonda, il che fra le altre cose non mi consentiva di vedere Lawrence che nel frattempo si trasferì a New York per recitare a Broadway. Ebbi frequenti discussioni con Victor e anche con Clark Gable, al punto di chiedere alla produzione di tagliare alcune scene in cui avrei dovuto baciarlo, perché spesso l’alito gli puzzava di tabacco.

Tuttavia quel film oltre all’Oscar, le procurò una popolarità planetaria.

Vuole bere una limonata? Vede, io non mi sono mai sentita in fondo una vera star del cinema, perché in fondo sono sempre stata soltanto una buona attrice di teatro. A Hollywood le star del cinema sono il più delle volte costrette a vivere una vita finta, fatta di effimeri valori e sopratutto per la pubblicità e per quello che oggi chiamate gossip.

Credo di non sbagliare se le chiedo se uno dei momenti più belli della sua vita fu il giorno in cui sposò finalmente Lawrence?

Riuscimmo a sposarci finalmente nel 1940, quando riusciti a ottenere entrambi il divorzio, ci sposammo in California a Santa Barbara con una cerimonia civile con due soli testimoni, la mia amica Katharine Hepburn e lo scrittore Garson Kanin.

Dopo il successo di “Via col vento” al cinema, ci furono anche dei clamorosi flop?

Non esageriamo amico mio, diciamo che non venni scritturata da Alfred Hitchcock per “Rebecca la prima moglie”, ruolo che fu affidato a Joan Fontain accanto al mio Lawrence e poi non mi scelsero per “Orgoglio e pregiudizio” dove preferirono  Greer Garson. In compenso venni scritturata da Mervyn LeRoy per il ruolo di Myra per “Il ponte di Waterloo” accanto a Robert Taylor. A Hollywood quando hai successo e soprattutto gli Oscar, non è che i produttori fanno la fila quando sanno che costi troppo e allora preferiscono aspettare. Così quando offrirono a Lawrence il ruolo di Orazio Nelson nel film “Il grande ammiraglio” accettai di interpretare con lui il ruolo della sua amante Emma Hamilton e per l’occasione il nostro premier Winston Churchill fece vedere il film anche al Presidente Roosevelt.  Subito dopo nel 1943, partecipai anche ad alcuni spettacoli per le truppe inglesi impegnate nella guerra in nord Africa.

Quando scoprì di essere seriamente malata.

Quando tornai a Londra, mi fu diagnosticata una forma di tubercolosi al polmone sinistro e fui subito ricoverata in ospedale. Lawrence non mi lasciò mai sola durante il ricovero e fu lui a individuare con i medici anche i primi sintomi di un disturbo bipolare che però non mi impedì di continuare a recitare a Londra nel film “Cesare e Cleopatra” diretto da Gabriel Pascal , tratto dall’opera teatrale di George Bernard Shaw. Accanto a me c’era il re’ del sex appeal di allora Stewart Granger. Altro che flop! Il film ebbe grande successo e fu candidato all’Oscar e partecipò in concorso al Festival di Cannes. I critici scrissero che la mia Cleopatra aveva molto della Rossella O’Hara di “Via col vento”, ma con un carattere più giocoso e comunque quel Cesare e Cleopatra per capirci era molto distante dalla love story del film che si girò a Roma con Elizabeth Taylor e Richard Burton nel 1963.

Poi interpretò sullo schermo anche Anna Karenina

Fui scelta personalmente dal regista Julien Duvivier che mi volle in quel film al fianco di Ralph Richardson, un kolossal come direbbero oggi ispirato all’omonimo romanzo di Tolstoj. Ricordo che sul set diventammo amici con Lawrence del bravo Gino Cervi. Avevo come punto di riferimento Anna Karenina interpretata da Greta Garbo insieme a Frederich March.

Dopo una complicata tournée in Australia e Nuova Zelanda, iniziarono anche le prime discrepanze con Lawrence. Tornaste a Londra dove litigavate spesso soprattutto perché lui non condivideva l’idea che lei interpretasse in palcoscenico la parte di Blanche Dubois nel dramma Un tram che si chiama desiderio di Tennesse Williams e del successivo film con Marlon Brando.

Olivier temeva in verità che il carattere forte dell’opera dove apparivano scene di stupro, promiscuità e omosessualità potessero compromettere la mia fragile personalità, ma accettai la parte. Lo spettacolo teatrale a Londra fu un successo che registrò ben 326 repliche e poi nel 1951 Kazan mi volle nella versione cinematografica al fianco di Brando. Con 12 nomination agli Oscar fu un successo epocale che dura ancora oggi e soprattutto quel film mi fece conquistare il mio secondo Oscar e il  Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia. 

La critica a Venezia scrisse all’unisono che  la sua  interpretazione sullo schermo di Blanche era così coinvolgente  che il pubblico femminile visse empaticamente in platea il turbinio di quella donna sola alla stazione di New Orleans inghiottita dalla frenesia della città  fra gente confusa, auto, insegne luminose, risate e jazz.

Con Kazan, disegnammo sullo schermo una donna incerta, spaesata in una realtà che non le apparteneva. Un’interpretazione che a Venezia fu premiata con la Coppa Volpi.

I pettegoli della carta stampata soprattutto di quella americana scrissero anche che Marlon Brando pur affascinato dalla sua bellezza e bravura, evito’ come dire “di approfondire” sapendo che era sposata con Lawrence.

All’inizio delle riprese Kazan fece in modo di tenerci a distanza, ma con Marlon in effetti c’è stata subito una grande complicità e intesa che andò ben oltre il metodo Stanislavskij…

Si sono dette e scritte tante cose anche che quelle riprese finirono per peggiorare il mio stato mentale, di certo è che dopo il film scoprii di essere incinta e poco dopo ebbi un aborto spontaneo.

Possiamo dire che cominciò allora il suo allontanamento da Lawrence Olivier?

Era appena iniziato il 1960, lui si risposò con l’attrice Joan Plowright, e io con il giovane attore Jack Merivale, ma i nostri rapporti di amicizia e affetto sono sopravvissuti e nel 1963 vinsi anche un Tony Award come migliore attrice del musical “Tovarich”.

«Tutto finisce», mi disse staccando dall’albero e odorandolo un limone di quelli che sembrano dei cedri. «Tutto finisce, perché tutto ricominci. La vita è breve e va vissuta». In fondo come dice la mia Rossella, “domani è un altro giorno”.

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